Il Giardino delle Cascate riaperto dopo 56 anni

Giardino delle Cascate all'EurSai che a Roma… dopo 56 anni abbiamo di nuovo le nostre cascate?

Il Giardino delle Cascate si trova all‘Eur, tra i due ponti che attraversano il laghetto, e fu realizzato nel 1961 su progetto dell’architetto Raffaele De Vico con tanto di pietre, scogliere, fontane, piante e giochi d’acqua. Il giardino però fu chiuso poco dopo, e negli anni fu utilizzato solo saltuariamente come set cinematografico (per esempio nel film L’ultimo bacio del regista Gabriele Muccino).

Dal mese di maggio 2017 questo inaspettato angolo di natura è di nuovo fruibile. Anche il ponte pedonale Hashi (“ponte” in giapponese), infatti, è stato finalmente ripristinato dopo che alcuni vandali ne avevano rovinato la pavimentazione vetrata. Ora quindi la Passeggiata del Giappone, affollatissima nel periodo dell’Hanami, è tornata ad essere completamente percorribile. L’apertura è tutti i giorni, dalle 7 alle 20, e si accede arrivando da viale Oceania. 

Giardino delle Cascate all'EurL’architetto Franco Zagari ritene che il Giardino delle Cascate sia “forse il giardino moderno italiano più interessante della seconda metà del Novecento“. Non vorrai mica perdertelo?!

La gioia per il recupero di questo incredibile giardino di paesaggio, con la sua simmetria classica, non riguarda esclusivamente motivi estetici e ludici. Le cascate e i giochi d’acqua rivestono infatti un importante ruolo nell’ossigenazione e nella movimentazione delle acque del laghetto, da sempre in lotta contro la proliferazione di alghe.

Altra interessante curiosità è che le cascate, grazie a una serie di lavori che hanno avuto luogo tra il 2007 e il 2008, possono essere utilizzate in caso di malfunzionamento del “fungo” dell’Eur, ovvero il serbatoio idrico del quartiere. 

 

Articoli correlati: 

Hanami al laghetto dell’Eur: la magia dei ciliegi giapponesi

Il Fungo dell’Eur. La vera funzione della struttura

 

Il Roseto Comunale aperto dal 21 aprile al 18 giugno

Roma, roseto comunaleSai che a Roma… il Roseto Comunale riapre dal 21 aprile al 18 giugno 2017?

Anche quest’anno lo splendido Roseto Comunale della Capitale torna ad offrire ai visitatori un grande spettacolo della natura: circa 1.100 specie di rose che con i colori e i loro profumi rendono questo angolo di città una specie di Paradiso Terrestre.

Qui puoi trovare rose provenienti da ogni angolo del mondo, alcune delle quali piuttosto curiose, come la Rosa Chinensis Virdiflora, con la sua caratteristica colorazione verde, o la Rosa Chinensis Mutabilis, che, come dice il nome, assume colori diversi man mano che passano i giorni, o ancora la Rosa Foetida, anch’essa con un nome che ti fa già intuire la sua bizzarra caratteristica… (maggiori informazioni sulla collezione delle rose)

In questo felice periodo primaverile il Roseto è aperto tutti i giorni, compresi i festivi, dalle 8.30 alle 19.30. Unica eccezione, il 20 maggio, giorno in cui sarà al lavoro la giuria che decreterà la rosa vincitrice del Concorso Internazionale Premio Roma. Dal 21 maggio potrai visitare anche la parte inferiore del giardino, cioè quella del concorso. Lì troverai le rose che hanno preso parte alla manifestazione e una zona in cui sono raccolte tutte le rose che hanno vinto le edizioni passate (il Premio si svolge dal 1933).

L’ingresso al Roseto è gratuito, e lo sono anche le visite guidate, per le quali però è necessario prenotarsi all’indirizzo email rosetoromacapitale@comune.roma.it oppure al numero 06-5746810.

L’area in cui sorge il Roseto, sulle pendici dell’Aventino, è dedicata ai fiori già dal III secolo a.C., quando, racconta Tacito, esisteva un tempio dedicato alla dea Flora. Successivamente e fino alla metà del XVII secolo, la zona fu sistemata a orti e vigne, fino a diventare, nel 1645, il cosiddetto Orto degli Ebrei, che comprendeva anche il cimitero della Comunità. Quando il cimitero, nel 1934, fu trasferito al Verano, il luogo fu abbandonato, finché nel 1950 non divenne la sede definitiva del Roseto Comunale, la cui precedente sede, sul Colle Oppio, andò distrutta a causa della seconda guerra mondiale.

Le antiche sepolture e la stessa comunità ebraica, che aveva concesso di realizzare il roseto in un luogo sacro, al momento della realizzazione del roseto vennero omaggiate in un modo piuttosto originale, e cioè nascondendo una Menorah all’interno del giardino. Vuoi saperne di più? Leggi La Menorah nascosta.

Quando: dal 21 aprile al 18 giugno 2017, dalle 8.30 alle 19.30 (chiuso il 20 maggio)

Dove: Via di Valle Murcia, 6

Info e prenotazioni:  +39 06 5746810   rosetoromacapitale@comune.roma.it


Articoli correlati:

La Menorah nascosta

Una necropoli ebraica scoperta a Trastevere

 

 

GRAArt: Street Art lungo il Raccordo

GRAArt, Maupal - Obelisco nasone work in progressSai che a Roma… con GRAArt il Grande Raccordo Anulare si trasforma in Art Gallery?

Già, perché grazie a questa iniziativa ben 10 luoghi, selezionati lungo il percorso del raccordo, vengono riqualificati grazie alla Street Art. Svincoli, sottopassaggi o discariche abusive, non importa. Grazie a GraArt e all’impegno dell’Anas e del MiBACT questi angoli desolati di periferia si trasformano in “luoghi naturali per lo sviluppo dell’arte contemporanea”, assicura il ministro Franceschini.

Il merito del progetto va allo street artist Diavù (David Vecchiato), quello delle donne sulle scalinate di Roma, per capirci, dei ritratti di Anna Magnani, Pasolini e Monica Vitti. Direttore artistico di GRAAr, Diavù è anche l’ideatore del progetto MURo (Museo di Urban Art di Roma), fondato sul concetto di un museo completamente integrato nel tessuto sociale e nello spirito dei luoghi. E, in un certo senso, possiamo considerare MURo come il papà di GRAArt.

I 10 murales di GRAArt, realizzati da artisti italiani e internazionali, si ispirano a storie e miti locali, mettendo in rilievo il legame del GRA con il territorio circostante.

Gli street artist hanno iniziato a lavorare a novembre 2016, e alcuni di loro stanno ancora terminando le opere.

Ma scopriamo più da vicino luoghi e protagonisti di questa importante opera di valorizzazione, sfogliando direttamente la Gallery qui sotto.

In zona Ottavia, e precisamente in via Casorezzo, il collettivo uruguaiano Licuado ha realizzato “I guardiani di Ottavia”, che tratta il tema dell’infanzia, con riferimento al vicino Ipogeo degli Ottavi e alla presenza nella zona del carcere minorile di Casal del Marmo.

 

Più info

Nei pressi della via Appia, antica strada di sepolcri e mausolei, Camilla Falsini ha dipinto La vita e la Morte, in cui i bucrani richiamano le decorazioni dei monumenti funebri (via L. Mariani).

Più info
Mauro Pallotta, noto come Maupal, prende in prestito e unifica in una sola immagine due simboli della città: l’obelisco, legato alla storia ufficiale, e il nasone di tradizione popolare. Il murales si trova in via P. Rosano, alla Romanina.

 

Più info

Per il suo Martirio di Rufina e Seconda, uccise in questa zona nel 257 d.C., lo street artist Lucamaleonte si ispira al dettaglio di un quadro del 1625 e alla pianta di bosso, dalla quale il quartiere di Boccea prende il nome.

Più info

In via di Boccea Veks Van Hillik si è cimentato con Shewolf Queen. La presenza della lupa è un riferimento piuttosto chiaro, mentre il coniglio e il grano richiamano l’Agro romano il legame con la Natura, legame ben radicato anche grazie alla presenza del parco del Pineto e del parco della Cellulosa.

Più info

In via Aurelia, all’uscita del GRA San Pietro/Vaticano, Julieta XLF raffigura due immagini mitologiche che, con la loro iconografia e il loro stile, sembrano strizzare l’occhio al mondo etrusco e orientale.

Più info

Chekos è intervenuto a Tor Vergata, in via della Sorbona, con l’opera “Ventrem feri Imperium”, colma di riferimenti alla Storia di Roma ei legami con la Campania Felix.

Più info

 

Koz Dos, Nicola Alessandrini e lo stesso Diavù stanno invece dando gli ultimi ritocchi ai loro lavori, rispettivamente in via Damone (La Rustica), in via Collatina e in via Guglielmi a Torrino Mezzocammino.

Per protezione dagli agenti atmosferici e per facilitare la cancellazione di eventuali scritte realizzate da qualche invidioso e poco talentuoso graffitaro, le opere saranno ricoperte con una ”cera” speciale.  

Ogni realizzazione è corredata anche di una targa con un QR Code attraverso il quale  accedere al sito web del progetto e alle schede delle opere.  

Il cinematografico quartiere Coppedè

Quartiere Coppedè

Quartiere Coppedè. Ph. @emicuratolo

Sai che a Roma… il particolarissimo e onirico quartiere Coppedè è stato spesso scelto come set cinematografico?

Del resto, si mormora che l’architetto Gino Coppedè, per realizzare le sue originali creazioni, si sia ispirato a sua volta alla scenografie di un film, e precisamente “Cabiria”, considerato il più grande kolossal e il più famoso film italiano del cinema muto (1914 regia di Giovanni Pastrone). La sceneggiatura del film, peraltro, fu scritta nientemeno che da Gabriele D’Annunzio.

In molti sanno già che Dario Argento ambientò al Coppedè alcune scene de “L’uccello dalle piume di cristallo” (1970), e che scelse piazza Mincio come sede della Biblioteca filosofica nel film “Inferno” (1980).Ma la vocazione cinematografica di questo piccolo quartiere nel quartiere era già iniziata: nel 1959 Nanni Loy diede il via alla tradizione girando qui alcune scene di “Audace colpo dei soliti ignoti”, con Vittorio Gassman. Fu subito seguito da Mario Bava nel 1962, con “La ragazza che sapeva troppo”. Nel 1974 toccò al film horror “Il profumo della signora in nero”, di Francesco Barilli, seguito nel 1975 dal film Roma Violenta, diretto da Franco Martinelli (1975).  Nel 1976 la casa della Mater Lacrimarum compare ne “Il presagio” del regista Richard Donner. La vocazione “gotica” di queste insolite architetture venne stravolta, almeno per una volta, nel 1973, grazie all’intervento del regista Nando Cicero, con il film-parodia “Ultimo tango a Zagarolo”, ormai un cult della commedia sexy all’italiana. 

In tempi più recenti, e come segnalatoci dall’amica +Sibill A , il quartiere Coppedè, con le sue architetture liberty, ha fatto la sua apparizione anche nelle serie tv “Butta la Luna” e “Valeria Medico Legale” e, a quanto ci dicono, in alcune pubblicità (se per caso sai quali, faccelo sapere!).

E tu hai notato qualche altra scena di film o telefilm girata nel quartiere Coppedè? 

La Colonna Traiana: l’avventura della sua costruzione in un video in stop-motion

Sai che a Roma… la Colonna Traiana è lì, in piedi, da più di 1.900 anni?

La Colonna Traiana fu eretta nel 113 d.C. per celebrare le imprese dell’imperatore Traiano in Dacia (odierna Romania).
Con i suoi circa 38 metri di altezza, la colonna indica anche l’entità dello sbancamento che l’imperatore fece eseguire per la costruzione del suo Foro.

Per mettere in opera una simile opera, fu necessaria tutta la perizia degli antichi costruttori romani e, a quanto sembra, anche del celebre architetto Apollodoro di Damasco. In effetti, il monumento è composto da 29 enormi blocchi di marmo, scavati internamente a formare una scala a chiocciola e intagliati all’esterno per raccontare, in un fregio lungo 200 metri, i principali episodi delle guerre daciche.

Nel basamento della Colonna Traiana si trova invece la tomba dell’imperatore, che in passato ospitò l’urna con le sue ceneri. Un’antica leggenda racconta che quando le ceneri furono esumate, la lingua di Traiano fu trovata ancora intatta e che iniziò a parlare, raccontando ai presenti di come l’anima dell’imperatore fosse stata salvata dall’inferno.

In questo bel video del National Geographic, tradotto e pubblicato sul canale youtube Nel Nome La Storia, trovi una interessante ricostruzione in stop-motion delle possibili tecniche di realizzazione dell’immensa colonna.