I giorni della merla

MerlaSai che a Roma…il 29, 30 e 31 gennaio sono chiamati i giorni della merla?

Per la tradizione sono i giorni più freddi dell’anno, ma… chi era questa merla?

La leggenda racconta che un tempo, quando il mese di gennaio aveva solo 28 giorni e febbraio ne aveva invece 31, Gennaio iniziò ad invidiare una bellissima Merla, che poteva vantare un manto bianchissimo e uno scintillante becco giallo. La tormentava con giornate di freddo intenso, e quando era costretta a uscire in cerca di cibo, scatenava violente bufere di neve e vento. Il povero animale provò a chiedere a Gennaio di durare un po’ di meno, ma il mese rispose: “Mia cara, io ho solo 28 giorni. Ho intenzione di sfruttarli tutti!”.

La Merla, a questo punto, cercò di farsi furba e l’anno successivo preparò una grossa scorta di cibo per poter resistere tutto gennaio nel nido. Alla fine del mese, uscì soddisfatta e andò di corsa a deridere Gennaio: “Che bel mese ho trascorso… sempre al calduccio nel mio nido! Non ce l’hai fatta a farmi congelare!”.
Gennaio, furioso, corse dal “collega” Febbraio e riuscì a farsi prestare 3 giorni, durante i quali scatenò una delle peggiori bufere di neve mai viste. La Merla si trovò in mezzo alla tempesta, senza riuscire nemmeno a tornare al nido, e per sopravvivere si rifugiò dentro un comignolo. Si salvò, ma quando, alla fine dei tre giorni, si decise a venire fuori, ormai le sue piume erano diventate completamente nere a causa del fumo e della fuliggine.
Da allora i merli hanno le piume nere, e gennaio ha 31 giorni.

Gli annegati del Tevere e i Sacconi Rossi

Andrea Previtali detto Cordeliaghi, Memento Mori - pannello (verso), tempera su tavola. 1502 ca. Milano, Museo poldi Pezzoli

Andrea Previtali detto Cordeliaghi, Memento Mori – pannello (verso), tempera su tavola. 1502 ca. Milano, Museo poldi Pezzoli

Sai che a Roma… passano i secoli, ma certe tradizioni, benché legate alla morte, sono immortali?

Ci riferiamo alla suggestiva e un po’ macabra cerimonia notturna della confraternita dei Sacconi Rossi che ha luogo ogni 2 Novembre presso l’Isola Tiberina.

Il nome ufficiale della confraternita, creata nel secolo XVII, è “Arciconfraternita dei Devoti di Gesù al Calvario e di Maria Santissima Addolorata in Sollievo delle Anime Sante del Purgatorio”.

A Roma però, sono semplicemente i “Sacconi Rossi”, così chiamati per il mantello o sacco rosso con cappuccio che erano soliti indossare. Il loro triste compito era quello di recuperare i cadaveri degli annegati dal Tevere e, se nessuno li reclamava, di dare loro cristiana sepoltura e di pregare per le loro anime.

I Sacconi Rossi dedicavano poi messe di suffragio a quei poveri e sconosciuti defunti nel loro oratorio presso l’isola Tiberina. Ma il tipo di sepoltura era particolare: nel corso del tempo, infatti, il piccolo cimitero sotterraneo dell’oratorio fu completamente decorato con le ossa scarnificate, combinando artisticamente e secondo un gusto squisitamente barocco, le varie parti degli scheletri. Il senso di questa macabra composizione, va oltre il mero gusto artistico, è un senso profondo: similmente alla Cripta dei Cappuccini di Via Veneto, anche qui le ossa dei morti servono come ammonimento e invitano a riflettere sulla transitorietà e caducità della vita terrena, destinata, come lo scheletro, al disfacimento.

Durante il mese dei morti poi, i Sacconi Rossi organizzavano una solenne processione attorno all’Isola Tiberina che si concludeva con il lancio di una corona di fiori in ricordo di tutte quelle persone che avevano perso la vita nel Tevere.

L’ipogeo – ossario, trovandosi allo stesso livello del fiume, era un luogo insalubre anche a causa delle piene, ed era spesso impraticabile. Fu usato fino al 1836 quando, a causa di un’epidemia di colera, papa Gregorio XVI (1831-1846) vietò le sepolture negli Oratori delle Chiese e ordinò di utilizzare esclusivamente il cimitero del Verano. A seguito di ciò, la cripta non venne più utilizzata e la Confraternita perse la sua importanza fino ad estinguersi.

La Confraternita dei Sacconi Rossi si è ricostituita in tempi recenti per iniziativa dell’Ordine Ospedaliero dei Fatebenefratelli.

Ancora oggi, ogni 2 novembre, giorno della Commemorazione dei Defunti, nella chiesa di S. Giovanni Calibita all’isola Tiberina, all’imbrunire viene celebrata una S. Messa alla quale segue una processione notturna al lume di candele, in memoria degli annegati nel Tevere e più in generale di tutti i defunti senza nome. La cerimonia si conclude con la deposizione in acqua di una corona di fiori e con la benedizione delle ossa nel piccolo cimitero sotterraneo. I membri della Confraternita, i Sacconi Rossi, vestiti come da tradizione con sacco e cappuccio, ripercorrono gli stessi passi di secoli fa, dando vita e voce ad una tradizione romana sconosciuta ai più, ma che speriamo continui ad essere parte della nostra città.

 

La testa nel muro e l’oste chiacchierone

Testina piazza Navona, palazzo Tuccimei - De CupisSai che a Roma… in pochi notano questa piccola testa di marmo affacciata su piazza Navona?

La testa si trova sulla parete di Palazzo Tuccimei (ex palazzo de Cupis), già noto per la storia della mano fantasma. Bisogna guardare con attenzione, perché è facile che che questo piccolo volto di marmo bianco che sporge dal muro passi inosservato.

Ma cosa ci fa lì? Per alcuni sarebbe semplicemente la testa di un fantasma, ma in realtà la leggenda popolare racconta una storia diversa. Si dice infatti che nel Cinquecento papa Sisto V fosse solito accantonare i suoi abiti pontifici per mescolarsi alla folla e spiare cosa la gente pensasse realmente di lui. Un giorno, fermatosi in un’ osteria in piazza Navona, ebbe modo di sentire, da parte dell’oste, parole molto poco lusinghiere nei propri confronti. Il povero oste fu fatto subito decapitare. I bottegai della piazza, in ricordo dell’episodio e dell’oste, vollero porre la testina sul muro.

Oggi la testa è ancora lì: qualcuno pensa che voglia essere un ammonimento a non parlare in modo sconsiderato. E se invece ci volesse ricordare il coraggio di chi è morto pur di non rinunciare alla libertà di espressione? Punti di vista…

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La mano dietro il vetro

 

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Palazzo Tuccimei, già Ornani, già de Cupis

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Sai che a Roma… c’è una mano fantasma?

La storia della mano è legata a quella di Palazzo Tuccimei (ex de Cupis), una delle tante meraviglie di piazza Navona a cui si rischia di non prestare attenzione. Il lato posteriore del palazzo è visibile a destra della chiesa di sant’Agnese (guardando la facciata). L’edificio oggi ospita un bar-ristorante piuttosto in voga, ma una volta, nel Settecento e nell’Ottocento, qui aveva sede un famoso teatro dei burattini, il teatro Ornani (poi Emiliani), con le rappresentazioni dei pupi siciliani, che a Roma venivano dette infornate.

Stemma della famiglia de Cupis con ariete rampante

Stemma della famiglia de Cupis

La nascita del palazzo, però, risale al XVI secolo, quando Giandomenico de Cupis (nominato cardinale nel 1517) ampliò le proprietà che la famiglia aveva nell’area di piazza Navona già dal secolo precedente (quando da Montefalco si era trasferita a Roma), formando così l’attuale complesso. Lo stemma della famiglia de Cupis, caratterizzato da un ariete rampante, è ancora visibile sulla facciata del palazzo prospiciente via S. Maria dell’Anima, scolpito a bassorilievo sul grande portale bugnato.

Secondo le cronache seicentesche di Antonio Valena, uno dei pronipoti di Giandomenico sposò, nei primi anni del secolo, la giovane nobildonna Costanza Conti, famosa per la sua bellezza e soprattutto per quella delle sue mani, graziose e delicate. In un’epoca in cui i social network e gli allegati multimediali non esistevano ancora, un semplice ma pur sempre efficiente passaparola bastò a rendere quelle mani famosissime, al punto che l’artista Bastiano, che aveva il suo studio in via dei Serpenti (ed era pertanto chiamato “Bastiano alli Serpenti”) volle fare un calco in gesso di una di esse ed esporlo nella sua bottega, sopra un prezioso cuscino di velluto. Grande era la folla che, non potendo ammirare di persona le mani della donna, si recava a contemplare almeno la loro fedele riproduzione.

Un giorno anche un frate domenicano, predicatore in San Pietro in Vincoli, passando da quelle parti rimase affascinato da tanto splendore e commentò l’opera dicendo che quella mano era così bella, che se fosse stata di una persona reale avrebbe corso il rischio, per gelosia, di essere tagliata da qualcuno! La frase divenne celebre, e arrivò anche alle orecchie di Costanza, che effettivamente era la “persona reale” in questione! La donna ne rimase molto impressionata, soprattutto per il fatto che era stato un frate a pronunciarla, e lei, fortemente religiosa, si convinse che aver accettato di far realizzare il calco della sua mano, fosse stato un grave peccato di vanità.

Per espiare questa colpa e per timore della predizione, decise di rinchiudersi nel suo palazzo. Precauzione inutile, perché un giorno, mentre era intenta a ricamare, si punse un dito con l’ago; la ferita si infettò, e il dito iniziò ad andare in cancrena, finché i medici non furono costretti ad amputarle la mano ormai deforme. Forse a causa del dolore per quella perdita, forse, più probabilmente, a causa di una setticemia conseguente all’amputazione, la bella Costanza morì poco dopo.

Nelle notti di luna piena la sua mano, pallida e bellissima, continua ad apparire dietro uno dei vetri al primo piano dell’antico palazzo, lungo via di S. Maria dell’Anima. Il fantasma della donna, invece, sembra che faccia fugaci apparizioni lungo i muri della strada: secondo alcuni tenta invano di ricongiungersi alla sua mano, mentre per altri cerca semplicemente di vivere la vita che, dopo la segregazione in casa, non ha mai vissuto.

Negli anni a seguire, il palazzo continuò comunque ad essere celebre: infatti i de Cupis affittarono l’immobile a vari personaggi, sempre altolocati, e il diarista Spada ci racconta che tra questi, il principe Bozzolo, amante del gioco, lo trasformò, nella prima metà del XVII secolo, in una sorta di bisca clandestina. A confermarlo è anche un Avviso di Roma ufficiale:
 
Erasi da molti anni introdotto in Roma un abuso assai pregiuditievole al Buon Governo, et era che gli Ambasciatori Regi facevano tenere gioco pubblico o biscazza con darne gli utili ad alcuni famigliari, che l’affittavano poi ad altri per somme assai considerabili, onde nasceva che molti artisti, dediti al gioco, abbandonavano l’arte, vendevano tutti gli arnesi di casa et ornamenti delle mogli loro. Altri commettevano furti, anche qualificati, con sacrilegio, per fare in qualunque modo danari per giocare, et in capo all’anno tutto ciò che perdevano con la rovina delle proprie mani, andava in mano ai biscazzieri. Et essendo stato tollerato quest’abuso forse senza saputa dei Padroni, non poté fare a meno il governatore di dar conto che il Principe di Bozzolo, ambasciatore Imperiale, haveva aperto gioco in piazza Navona, nella casa dei de Cupis, dove egli habitava, il che pareva tanto maggior scandalo, in quanto che il sito era pubblico. Diede perciò ordine che fossero carcerati quelli che vi andavano a giocare e fu prontamente eseguito con qualche amaretudine del Sig. Ambasciatore, che si doleva della partialità, cioè che fosse tollerato ad altri quello che con tanto rigore si negava a lui. Promise non di meno di levar il gioco; ma vedendo che non si prendeva rimedio quanto agli altri, conforme gli era stato promesso, tornò anch’egli a far giocare, ma con segretezza.
 
Prima di estinguersi, i de Cupis si imparentarono con gli Ornani, che nel 1817 vendettero ai Tuccimei una porzione del palazzo. In breve tempo, ila famiglia finì per acquisire tutto il palazzo .Oggi una sola Tuccimei è rimasta ad abitare una parte dell’edificio.
 
A Palazzo Tuccimei è legata anche un’altra storia, riferita questa volta alla piccola testa di marmo visibile sul lato del palazzo che affaccia su piazza Navona.
 

Gli abeti di Monte Giano e l’omaggio a Mussolini

La scritta sul Monte Giano vista dal Gianicolo.

La scritta sul Monte Giano vista dal Gianicolo.
Foto di Francesco Toiati

Sai che a Roma… se ti affacci affacciavi dal Gianicolo, specialmente quando ha aveva nevicato, sui monti del reatino puoi potevi vedere la scritta DVX?

Non è l’opera di qualche nostalgico provocatore, ma una vera e propria traccia storica, che risale al 1939, quando gli allievi della Scuola della Guardia Forestale di Cittaducale crearono questo gigantesco omaggio a Mussolini piantando sul Monte Giano, nel comune di Antrodoco (RI), circa 20.000 abeti che formavano da scritta DVX su circa 8 ettari di bosco.

La scritta dux brucia

La scritta che brucia nell’agosto 2017

Negli anni seguenti la scritta, come puoi immaginare, è stata oggetto di scarsa manutenzione e di parecchie polemiche, ma nel 2004 si è infine deciso di elevare l’opera al rango di patrimonio artistico e monumento naturale senza uguali al mondo, intervenendo per la sua salvaguardia e “restaurando” l’opera con i fondi della Regione Lazio.
 
Aggiornamento: nell’estate del 2017 un incendio ha interessato l’area della scritta, della quale è rimasta visibile solo la lettera D. Sembra che l’origine del rogo sia un fuoco acceso per la realizzazione di una passata di pomodoro e del quale è stato perso il controllo. Al momento non si è ancora deciso se la scritta verrà ripristinata.
 
 

La Madonna della Neve 5 agosto

La nevicata sul sagrato di Santa Maria Maggiore in occasione dei festeggiamenti per la Madonna della Neve

Nevicata del 5 agosto a Santa Maria Maggiore (foto www.centrometeoitaliano.it)

Sai che a Roma… il 5 agosto a Santa Maria Maggiore si festeggia la Madonna della Neve?

La festa ricorda il cosiddetto miracolo della Madonna della Neve: secondo la tradizione, nella notte del 4 agosto del 352 d.C., il ricco Patrizio Giovanni e sua moglie fecero entrambi, lo stesso sogno: la Vergine chiedeva loro di far costruire una basilica nel luogo in cui l’indomani, avrebbero trovato della neve fresca. La mattina successiva i due coniugi corsero subito da papa Liberio per raccontargli il sogno, scoprendo che anche lui aveva avuto la stessa visione. Ed effettivamente, proprio sull’Esquilino, trovarono, come indicato dalla Madonna e nonostante il caldo afoso di agosto, un’area coperta da un abbondante strato di neve. Il papa fece subito tracciare nella neve il perimetro della basilica, mentre Giovanni e la moglie finanziarono prontamente la costruzione dell’edificio.

Proprio in memoria del pontefice la basilica è chiamata anche basilica liberiana, ma bisogna fare una precisazione: spesso questa narrazione e il nome di basilica liberiana vengono attribuiti all’attuale basilica di Santa Maria Maggiore, che in realtà fu costruita quasi un secolo dopo, da Sisto III (432 – 440) sul luogo della basilica precedente, alla quale risalirebbe anche l’antica immagine della Madonna della Neve attribuita addirittura a San Luca e attualmente venerata nella Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore. L’immagine si è resa protagonista, nel tempo, di numerosi prodigi in favore dei Romani e per questo motivo è anche conosciuta con l’appellativo di Salus Populi Romani.

In ricordo dell’evento miracoloso, ogni anno, la sera del 5 agosto, la piazza antistante la basilica si anima di immagini, musica classica, giochi di luci e laser e soprattutto dalla tradizionale nevicata rievocativa che viene riproposta ormai dal 1983 e che riscuote un grandissimo successo tra tutti i Romani.

Anche nel corso delle Messe delle ore 10.00 e delle ore 17.00 una cascata di petali bianchi viene fatta scendere dalla cupola della Cappella Paolina, dando vita a uno spettacolo davvero mozzafiato.

Ti ricordiamo che per lo svolgimento della manifestazione sono previste interdizioni al traffico e deviazioni di alcune linee bus, quindi informati bene!

L’edizione 2017 (la 34ª) è dedicata a papa Francesco e seguirà il seguente programma: 

Sabato 5 agosto 2017, ore 22.00

– Testimonial Dacia Maraini e il suo fiabesco incantevole racconto
– Recital: prevista la partecipazione dell’attore Cosimo Cinieri che traduce in un rapsodo l’emozione delle letture di brani tratti dagli scritti di Papa Francesco. 
– Uno spettacolo di grande prestigio sotto la sapiente regia di Irma Immacolata Palazzo e l’intervento della banda della finanza
– Previsto intervento di un tenore o soprano (Ave Maria)
– Intrattenimenti musicali
– Coro e concerto
– Intorno alla mezzanotte, rievocazione della nevicata 

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