La Colonna Traiana: l’avventura della sua costruzione in un video in stop-motion

Sai che a Roma… la Colonna Traiana è lì, in piedi, da più di 1.900 anni?

La Colonna Traiana fu eretta nel 113 d.C. per celebrare le imprese dell’imperatore Traiano in Dacia (odierna Romania).
Con i suoi circa 38 metri di altezza, la colonna indica anche l’entità dello sbancamento che l’imperatore fece eseguire per la costruzione del suo Foro.

Per mettere in opera una simile opera, fu necessaria tutta la perizia degli antichi costruttori romani e, a quanto sembra, anche del celebre architetto Apollodoro di Damasco. In effetti, il monumento è composto da 29 enormi blocchi di marmo, scavati internamente a formare una scala a chiocciola e intagliati all’esterno per raccontare, in un fregio lungo 200 metri, i principali episodi delle guerre daciche.

Nel basamento della Colonna Traiana si trova invece la tomba dell’imperatore, che in passato ospitò l’urna con le sue ceneri. Un’antica leggenda racconta che quando le ceneri furono esumate, la lingua di Traiano fu trovata ancora intatta e che iniziò a parlare, raccontando ai presenti di come l’anima dell’imperatore fosse stata salvata dall’inferno.

In questo bel video del National Geographic, tradotto e pubblicato sul canale youtube Nel Nome La Storia, trovi una interessante ricostruzione in stop-motion delle possibili tecniche di realizzazione dell’immensa colonna.

 

Tor Bella Monaca. E la monaca dov’è?

via di tor bella monacaSai che a Roma… in realtà il nome del quartiere di Tor Bella Monaca, con le monache non c’entra proprio nulla?

Il nome infatti deriva dalla famiglia Monaci, che nel XIII secolo fece costruire la torre all’interno della vasta tenuta che possedeva nella zona. Presto il nome della torre fu associato a quello di uno dei proprietari, Paolo Monaco, e una serie di storpiature (Turris Pauli Monaci, Paolo Monaco, Pala Monaca, Bella Monaca) portarono alla versione attuale: Tor Bella Monaca.

La leggenda che parla di una sosta di santa Rita da Cascia presso la torre durante il suo viaggio a Roma per il Giubileo del 1450, pur essendo molto suggestiva è totalmente priva di fondamento!

Le palle dei Romani

Palla di cannone nella chiesa di San Bartolomeo all'Isola Tiberina

Palla di cannone nella chiesa di San Bartolomeo all’Isola Tiberina

Sai che a Roma… c’abbiamo le palle?

A Roma alcune palle di cannone sono state conservate e sono considerate preziosi reperti storici.

La  prima è la cosiddetta “palla del miracolo“, visibile all’interno della chiesa di San Bartolomeo all’Isola (l’Isola è quella tiberina, ovviamente, e, a prescindere dalla palla di cannone, vale davvero la pena di farci un salto!). Vanta un diametro di 14 cm e fu sparata dai Francesi (a Roma chiamati Franzosi!) nel tentativo di mettere fine all’esperimento della Repubblica Romana del 1849. Partita dalla via Aurelia, la cannonata si abbattè contro la chiesa, attraversando il muro e finendo la sua corsa sull’altare della Cappella della Vergine. Il tutto avvenne in un momento in cui la chiesa era affollatissima, ma fortunatamente non ci furono vittime (ecco perché “palla del miracolo”). Il proiettile è stato murato nella parete sinistra della Cappella e ad esso è stata aggiunta una epigrafe commemorativa.

Un’altra palla, anch’essa sparata dai Francesi, andò invece a schiantarsi sulle scale di marmo del Salone d’Onore di Palazzo Colonna ed è visibile visitando la Galleria. In questo caso pare che essa, sparata dal Gianicolo, sia entrata da una finestra aperta.

Palla di cannone sul fianco di sinistro di San Pietro in Montorio al Gianicolo (via Garibaldi)

Palla di cannone sul fianco di sinistro della chiesa di San Pietro in Montorio.

Palla di cannone all'ingresso di Villa Pamphili

Palla di cannone all’ingresso di Villa Pamphili.

Ma ci sono ulteriori “regalini” lasciatici dai Francesi nel 1849, come ci ha segnalato su Facebook l’amica Marina Fiorenti. Uno è la palla di cannone commemorata da una targa sul fianco sinistro della chiesa di San Pietro in Montorio, lungo via Garibaldi. Ha qualcosa di perverso, a pensarci bene, il fatto che l’eroe dei due mondi, titolare della strada, debba continuare a convivere con questo cimelio della battaglia che infranse il sogno della Repubblica Romana!
Altri due proiettili (sparati nel corso della stessa battaglia, ma non necessariamente dai Francesi!) si trovano invece nel travertino a sinistra del cancello d’entrata di Villa Pamphili. L’ingresso in realtà fu realizzato dall’architetto Andrea Busiri Vici nel 1861-63, quindi dopo la battaglia del Gianicolo e dopo che quella che all’epoca dell’assedio era Villa Corsini fu annessa a Villa Pamphili. Queste due palle, quindi, sono effettivamente risalenti alla battaglia, ma non si trovano nel preciso punto di… atterraggio! Secondo i Monteverdini, se esprimi un desiderio toccando una palla di Villa Pamphili, esso si realizzerà. Vale la pena di andare a provare: nella peggiore delle ipotesi, ci avrai guadagnato una bella passeggiata!

Portone di Villa Medici

Il portone di Villa Medici

Ritroviamo una palla di cannone anche a Villa Medici, sul Pincio. A sparare, in questo caso, pare sia stata la regina Cristina di Svezia, ma le motivazioni dell’incauto gesto sembrano avere origini discusse (ma sempre pertinenti a un carattere non propriamente facile della sovrana!): per alcuni la cannonata sarebbe stata un modo per manifestare la propria insofferenza di fronte al ritardo di un ospite che la regina stava aspettando e che doveva arrivare proprio da Villa Medici. Secondo un’altra versione, piuttosto accreditata, Cristina e il suo amico (forse amante…) cardinal Decio Azzolino avevano appuntamento a Villa Medici, ma il cardinale non si fece vedere. La regina allora, furiosa per il trattamento ricevuto (mai dare buca a una donna…!), si recò sulle terrazze di Castel Sant’Angelo e, da uno dei numerosi cannoni, sparò un colpo liberatorio verso la Villa! Per qualcuno, ancora, all’origine della cannonata sarebbero stati dei contrasti non meglio specificati creatisi tra la sovrana e la famiglia Medici. Infine, si dice anche che il colpo sia stato sparato, sempre da Cristina, in occasione di un appuntamento con il pittore Charles Errand: Cristina, pur essendo in ritardo, avrebbe trovato un modo speciale per dire all’amico che non si era dimenticata del loro incontro e, anzi, per manifestare la sua presenza nonostante si trovasse ancora piuttosto lontana (del resto, all’epoca non c’erano mica i cellulari…!).  La palla sparata sarebbe la sfera marmorea che oggi fa da ornamento alla fontana seicentesca posta di fronte alla Villa (oggi sede dell’Accademia di Francia). In realtà, anche ammesso che la palla marmorea fosse rimasta integra nonostante l’impatto, nessuno dei cannoni in uso nel XVII secolo a Castel Sant’Angelo aveva una gittata tale da poter sparare un proiettile così pesante a 1,5 km di distanza. Sta di fatto però, che se andiamo a guardare il portone bronzeo di villa Medici (sì, è ancora quello originale!), noteremo un’ammaccatura alquanto singolare…!

Palla di cannone nelle Mura Aureliane di Roma

Palla di cannone nelle Mura Aureliane

Per finire, un altro cimelio bellico si può individuare lungo le mura Aureliane, in Corso d’Italia, incastonato nella muratura della torre di fronte a via Po. Questa volta il contesto storico è quello dell’annessione di Roma al Regno d’Italia, nel 1870, con la dura battaglia tra l’esercito regio e quello pontificio, conclusasi con la famosa Breccia di Porta Pia. A distinguersi, durante lo scontro, non furono solo gli eroi del Risorgimento, ma anche le nostre mura: progettate per resistere ad assedi di entità ben minore, riuscirono a resistere all’artiglieria pesante per circa 5 ore!

Per dire la verità, un’altra cannonata andrebbe menzionata… però la palla di cannone non c’è più. A Palazzo De Carolis, in via del Corso, su una parete del cortile un’iscrizione ricorda il punto in cui, ancora durante l’assedio francese del 1849, arrivò una cannonata: UN COLPO DI CANNONE FRANCESE / LANCIO’ UNA PALLA IN QUESTO / LUOGO IL GIORNO 20 GIUGNO 1849 / ALLE ORE 3 3/4 POMERIDIANE / DEL CALIBRO DA 24. Anche se il proiettile è sparito, l’impronta è stata comunque raffigurata! La lapide invece fu fatta posizionare nel 1893 dal principe Ignazio Boncompagni Ludovisi, allora proprietario del palazzo.

Federica Macca ci segnala poi che a Roma è presente anche una fontana dedicata alle palle di cannone:

 

Vicolo dell’Atleta a Trastevere – L’Apoxiòmenos

apoxiomenos trovato in vicolo dell'AtletaSai che a Roma… i nomi delle strade ci raccontano la storia della città? E’ il caso di vicolo dell’Atleta, a Trastevere.

Il Vicolo dell’Atleta prende il nome dalla statua dell’Apoxiòmenos (dal greco “colui che si raschia” con lo strigile l’olio spalmato sul corpo per il combattimento) scoperta proprio in questa strada nel 1844. E’ lui l’atleta in questione!

La statua è una copia romana in marmo di un originale bronzeo di Lisippo ed è esposta ai Musei Vaticani. Sempre presso vicolo dell’Atleta, fu ritrovato un cavallo in bronzo ritenuto un originale di età classica. Il cavallo, oggi ai Musei Capitolini, sarebbe parte di un gruppo che Alessandro Magno fece realizzare da Lisippo per un monumento equestre dedicato ai capitani caduti durante le guerre Persiane, nella battaglia del fiume Granico.

Il primo nome della strada era vicolo delle Palme per la presenza di questi alberi portati dalla Giudea e piantati davanti a una casa medievale probabilmente sede di una antica sinagoga. Il nome fu poi cambiato in vicolo dell’Atleta nel 1873 per la presenza di una strada omonima nel Rione Ponte.

Vicolo dell’Orso

vicolo-dellorsoSai che a Roma… il Vicolo dell’Orso (Rione Ponte) deve il suo nome all’antico “Albergo dell’Orso” il cui primo proprietario era Baccio dell’Orso? Un successivo possessore incaricò un pittore di realizzare l’insegna dell’albergo disegnando due orsi. Il pittore chiese 8 scudi per dipingere gli orsi incatenati e 6 scudi per realizzarli privi di catena. Il proprietario andò a risparmio optando per i due orsi senza la catena. Quando poi, a causa della pioggia, l’insegna sbiadì, il proprietario si rivolse al pittore per avere spiegazioni e questo rispose che gli orsi erano spariti perché lasciati senza la catena…