Scoperto tempio di età regia a via Petroselli

20130721-170835Sai che a Roma… sembra incredibile?
Eppure continua a succedere: in pieno centro, a via Petroselli, dei nuovi, importanti resti archeologici sono venuti alla luce. E non si tratta dell’ennesimo muro di cui, con l’eccezione degli addetti ai lavori, ci si dimenticherà nel giro di qualche settimana: questa volta, all’interno dell’area sacra di Sant’Omobono, tra i resti del tempio della Fortuna e di quello di Mater Matuta, è emerso addirittura il basamento di un tempio risalente al VI secolo a.C., quando Roma era ancora governata dai re (sì, i famosissimi Sette Re di Roma di cui tutti dimenticano almeno un nome….!).

A scavare sono le Università della Calabria e del Michigan, con il coordinamento della Sovrintendenza Comunale. Quello che gli archeologi stanno mettendo in evidenza è il basamento del tempio di Servio Tullio, ed è, insieme al tempio di Giove Capitolino, il tempio in pietra più antico di Roma. Il muro rimesso in luce è in stile etrusco-italico, costituito da blocchi di tufo squadrati e messi in opera in modo accurato.
Oltre ad alcune decorazioni pertinenti al tempio, è stato possibile recuperare anche numerosi reperti riferibili agli ex voto dei fedeli.

Il tempio, anche grazie alla sua posizione dominante il porto fluviale del Foro Boario, era all’epoca un importante luogo di raccolta per i mercanti e i viaggiatori che giungevano in città, e ciò è testimoniato anche dai numerosi frammenti di ceramiche di importazione greca rinvenuti nell’area.
Queste le parole dell’assessore capitolino alla Cultura Flavia Barca in occasiona della presentazione della scoperta alla stampa: “Si tratta di un ritrovamenti bellissimo, che mostra il patrimonio eccezionale della città, ma anche il valore del lavoro prezioso degli archeologi che spesso, purtroppo, non viene valorizzato. Invece sono un pezzo importantissimo dell’opera di conservazione e valorizzazione della Roma antica”.
E noi di “sai che a Roma…” facciamo i nostri complimenti ai membri di tutta l’equipe di scavo, che nei 4 anni in cui si sono condotte le varie campagne archeologiche, hanno lavorato con impegno e professionalità in condizioni di grande difficoltà e disagio, soprattutto a causa della presenza di una falda d’acqua che li ha costretti a scavare nel fango, complicando il già complesso lavoro di lettura stratigrafica dell’area.

Beh, comunque, tanto per completezza d’informazione e prima che tu ti innervosisca perché non riesci a ricordarli tutti, i Sette Re di Roma furono, dal 753 a.C. al 510 a.C., Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo.

 

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Ostiense: dagli scavi riemerge anche una macina pompeiana

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Ostiense: dagli scavi riemerge anche una macina pompeiana

20130712-140354Ostiense: dopo le recenti scoperte archeologiche nel cantiere di via Ostiense, con il ritrovamento di importanti strutture antiche e di un misterioso mucchio di scarpe del periodo della Seconda Guerra Mondiale, la prosecuzione delle indagini ha restituito anche una macina pompeiana da grano (il nome deriva dal fatto che questa tipologia, dalla caratteristica forma a clessidra, era utilizzata soprattutto a Pompei).
Ora che lo scavo, iniziato per la sostituzione di una conduttura del gas, è stato notevolmente ampliato, la nuova scoperta permette nuove, ulteriori ricostruzioni relative all’occupazione dell’area, con la possibile presenza di un impianto produttivo che la macina da grano sembra appunto indicare. Difficile al momento capire se si trattasse di una piccola attività domestica o di una lavorazione su larga scala, anche perché la macina è stata rinvenuta accanto a un pilastro della Porticus di San Paolo emersa nel corso dello scavo, e quindi non nella sua posizione originaria. La stessa tipologia a cui la macina appartiene, fu utilizzata in un lungo periodo, dal IV secolo a.C. al Medioevo, e risulta quindi difficile, al momento, ricostruire con precisione la sua presenza nell’area.
Le indagini comunque, attentamente seguite dalla Soprintenza ai Beni Archeologici di Roma guidata da Mariarosa Barbera e con la responsabilità scientifica di Rita Paris, proseguiranno, sotto l’occhio attento dell’archeologa Francesca Mattei Pavoni, e di certo porteranno alla luce altre interessanti novità.

 

Le scarpe della Resistenza

CECILIA FABIANO AG.TOIATI SCAVI PIRAMIDE PER LAURA LARCANSai che a Roma… scavando non emergono solo muri antichi e “cocci”? A Ostiense, durante alcuni lavori di scavo per conto dell’Italgas, gli archeologi si sono trovati di fronte a qualcosa di davvero particolare e inaspettato: un mucchio di scarpe di cuoio databili alla prima metà del Novecento! Sono scarpe da uomo, da donna e anche per bambini, rovinate ma assolutamente riconoscibili. Durante lo scavo per sostituire un tratto di gasdotto in piazzale Ostiense, erano emerse alcune strutture identificate con la cripta della chiesa di San Salvatore de Porta, già esistente nel IV secolo d.C. E distrutta a metà del XIX secolo. Tra gli strati di terra che ricoprivano gli antichi resti, l’inaspettata scoperta. Per la loro conformazione, sembra di poter riferire le calzature al periodo della Seconda Guerra Mondiale e della Resistenza, ma è difficile, al momento, stabilire come le scarpe si siano accumulate lì. In mancanza di resti ossei collegati, è possibile escludere che l’area sia stata utilizzata come fossa comune. A questo punto, per riuscire a capirne di più (“quasi un dovere etico” per la dott.ssa Francesca Mattei Pavoni, che conduce lo scavo) sarebbe necessario continuare a scavare e ampliare l’area di indagine. La dott.ssa Rita Paris, responsabile dell’area per la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, ribadisce la necessità di proseguire lo scavo, che porterebbe a fare una nuova luce sull’area di porta San Paolo sia nell’età tardo-antica che in quella contemporanea. Tra l’altro, tra le strutture emerse durante i lavori, alcune potrebbero riferirsi alla famosa “via tecta” (via coperta) monumentale, una “Porticus” colonnata che, dalle fonti (Procopio di Cesarea), sappiamo che collegava, lungo un percorso di circa 3 chilometri, la Porta San Paolo delle Mura Aureliane con la Basilica di San Paolo, offrendo riparo ai pellegrini che andavano a venerare i resti dell’apostolo.
Altre strutture emerse, sono invece da riferirsi alla cripta o ad alcune pertinenze della chiesa di San Salvatore de Porta, di epoca tardo-antica e passata nel 1573 al Collegio germanico-ungarico di Roma, per essere poi demolita nel 1849. Dagli ambienti della chiesa, racconta la trazione, giunse la nobile Plautilla a portare a San Paolo il velo con cui si sarebbe dovuto coprire al momento della decapitazione.

E davvero ci auguriamo che le indagini possano continuare per permettere agli archeologi di raccontarci tutta la storia di Porta San Paolo, dai pellegrini fino alle scarpe!

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Aggiornamento: proseguendo le indagine, lo scavo ha restituito anche una macina pompeiana da grano. Leggi l’articolo.

Lo xenodochio ritrovato

Sai che a Roma… è stato ritrovato uno xenodochium?

Uno xenodochio o, in latino, xenodochium (la parola però ha origini greche), era una struttura in cui, durante l’epoca medievale, i pellegrini che intraprendevano lunghi viaggi verso i luoghi di culto potevano riposarsi e ristorarsi gratuitamente. A gestire questa sorta di ospizio per forestieri erano i monaci, che si impegnavano così nell’attività di assistenza ai forestieri che per devozione affrontavano lunghi e pericolosissimi viaggi, per lo più a piedi. Roma, come è naturale, nell’VIII secolo era una ambitissima meta di pellegrinaggio, e dalle fonti scritte sappiamo che nel medioevo erano almeno 14 gli xenodochia presenti. Fino ad ora però nemmeno uno di questi edifici era stato ritrovato. Nel corso dei lavori effettuati per la realizzazione della nuova linea del tram 8, invece, proprio in via delle Botteghe Oscure gli archeologi hanno portato alla luce questa preziosa testimonianza storica.

La soprintendente dott.ssa Fedora Filippi ha presentato ieri (15 maggio 2013), in un convegno alla British School at Rome, i risultati delle indagini, ormai terminate. I ritrovamenti riguardano un corpo di fabbrica rettangolare, articolato in ambienti che affacciano lungo un corridoio. Le murature, in base alle tecniche edilizie, sembrano potersi datare tra l’VIII e il IX secolo, dato che si accorderebbe bene con le fonti storiche, le quali raccontano che papa Stefano II, tra il 752 e il 757 fece restaurare tutti gli xenodochia di Roma. L’identificazione puntuale con lo xenodochio degli Anici, fondato dalla gens Anicia e restaurato proprio da Stefano II sembra più che plausibile, ma non ancora certa.

Oltre ai dormitori dei pellegrini, il complesso edilizio era dotato anche di terme , di un refettorio e, ovviamente, era collegato a un oratorio: si tratta della chiesa medievale di Santa Lucia de’ Calcarari, demolita nell’Ottocento ma di cui sono ora tornati alla luce i resti. Scopriamo così che si trattava di una chiesa con tre absidi ad angolo retto (unico esempio di VIII secolo conosciuto a Roma), larga 12 metri e lunga 16, con il presbiterio rivestito di lastre di marmo. Nel XVII secolo, probabilmente in coincidenza di un importante intervento di ristrutturazione, il pavimento medievale della chiesa fu distrutto per ricavare, secondo una pratica piuttosto diffusa, un ossario, cioè un ambiente in cui raccogliere i resti ossei di persone inumate precedentemente e riesumate, in modo tale da poter creare spazio per nuove sepolture.

Questa è Roma: una città in cui sostituendo i binari del tram, puoi ritrovare secoli di storia, semplicemente dimenticati lì!

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